//L’Infinito leopardiano: 200 anni e non sentirli

L’Infinito leopardiano: 200 anni e non sentirli

di | 2019-06-04T14:46:29+02:00 4-6-2019 14:44|Alboscuole|0 Commenti

di Marta Paragliola (IV C)

Quell’ermo colle merita l’ennesimo omaggio, con la presenza di oltre 2.800 studenti che hanno preso parte insieme con il Ministro Marco Bussetti al flash mob di studenti di tutta Italia organizzato dalla Contessa Olimpia Leopardi,  in Casa Leopardi, in collaborazione con la RAI e con il comune di Recanati. Migliaia di studenti hanno recitato L’infinito di Giacomo Leopardi, nella piazzetta del Sabato del Villaggio a Recanati, città natale del poeta. Si è potuto ancora una volta dar vita ad un percorso toccante che svela il Leopardi privato nell’intimità della sua casa e della biblioteca in cui studiava. Tutto questo è stato denominato #200infinito e si è ripetuto in tantissime altre parti d’Italia in contemporanea.

Leopardi è vissuto in un contesto di cui sentiva pesantemente i limiti culturali. Il suo rapporto di odio amore con il natìo borgo selvaggio lo faceva oscillare tra il desiderio di fuga e i ritorni, nella delusione di ciò che aveva visto altrove. L’ermo colle sempre caro è il ponte di una nave che lo porta lontano, la siepe, che da tantaparte/dell’ultimo orizzonte il guardo esclude, è lo straordinario evento che crea questo stato d’animo. È arrivato sul monte Tabor, si siede, osserva, pensa, supera l’ostacolo col pensiero e immagina.  Tanto forte  è il bisogno di andare oltre, che la quiete che riesce a immaginare è profondissima”, il silenzio è “sovrumano”, gli spazi infiniti. La brezza leggera tra  le piante per paragone fa cogliere il senso dell’eternità. Profonda  è “l’immensità”immaginata. Il pensiero “s’annega”  dolcemente, senza timore, lasciandosi andare in quel mare infinito. Noi  giovani oggi viviamo nel rumore, lo creiamo. Il silenzio ci fa paura perché scava e porta nell’interiorità, dove spesso incontriamo  fantasmi. Viviamo nel presente, il futuro è qualcosa di remoto, figuriamoci l’eternità . Il passato appartiene alla generazione dei padri, dei nonni. Le “morte stagioni” sono lontane. Eppure, Leopardi, che scrisse questa lirica a soli ventuno anni, ci è “sempre caro”.