//La scomparsa delle fatine sarde di Sara Vigo 2A (Linguistico-tedesco)

La scomparsa delle fatine sarde di Sara Vigo 2A (Linguistico-tedesco)

di | 2022-11-25T07:16:36+01:00 25-11-2022 7:16|Alboscuole|0 Commenti
Si racconta che, nelle sepolture scavate nella roccia delle colline, abitassero delle creature magiche, grandi quanto un pollice di un bambino di 9 anni e che si chiamassero Janas. Vestivano di rosso, sul capo portavano dei piccoli fazzoletti fioriti e abbellivano il proprio collo con diademi d’oro e bacche di rosa. Nelle loro dimore avevano tutto il necessario per vivere: dal forno per cuocere il pane, ai mobili composti da foglie e ghiande dove poter riporre ogni cosa. Possedevano anche minuscoli telai dove tessevano. Solevano lavorare la terra, cucire e filare le proprie vesti e giocare a palla con i noccioli delle ciliegie. I decenni passavano e le fatine diventavano sempre più belle e delicate, ma anche più iraconde e pigre. Cominciarono ad uscire solo durante la notte, altrimenti il Sole avrebbe annerito la loro pelle, e per non sciupare la loro bellezza smisero di lavorare la terra. Iniziarono a comprare dai contadini del vicinato quei pochi chicchi di grano per produrre la farina con cui avrebbero impastato le focaccine necessarie al loro sostentamento; in cambio offrivano fazzoletti o scialli tessuti sui loro telai d’oro. Le dita, non più abituate ai lavori pesanti, diventarono talmente fragili e delicate da tagliarsi anche quando tritavano il prezzemolo. Le loro attività si erano ridotte alla tessitura e al gioco. Era necessario che le piccole tovaglie, le cuffie, gli scialli e i fazzoletti venissero stesi al chiarore della Luna per abbellirsi di riflessi notturni, da questo dipendeva la loro magia e li rendeva ben apprezzati, magnifici e unici. Gli uomini ne erano attratti e arrivavano a spendere cifre folli pur di ottenerli. Le Janas stendevano i loro ricami nei pressi del nuraghe di Gennaccili, su un cucuzzolo al limitare della piana di Seleni, bosco situato nel territorio di Lanusei, in Sardegna, proprio per la vicinanza alla Luna. Tutto filò liscio fino al giorno in cui gli uomini scoprirono quel nascondiglio. Una notte di luna piena, un bandito in groppa al suo cavallo adocchiò i ricami brillare stesi sotto i raggi lunari e decise di rubarli alle legittime proprietarie. Queste, troppo piccole e deboli per inseguirlo, rimasero indifese davanti al furto subito. Ogni notte, per più giorni, l’episodio si ripetè e le Janas, private della loro unica ricchezza, non poterono più comprarsi né il grano né altro. Qualche tempo dopo le creature divennero introvabili e nessuno sa dove siano andate.