Sebbene la realtà diventi di giorno in giorno più complessa e gli scenari geopolitici pressoché indecifrabili, le semplificazioni del
potere risultano sempre più spinte.
Il sogno del
potere è quello di avere una opinione pubblica mediamente ignorante e degli oppositori mediamente colti o anche molto colti, forniti di pensiero critico e linguaggio articolato
e perciò poco avvezzi alle nuove strategie di “confronto digitale”.
Ma non basta. Nelle aspirazioni del
potere compaiono anche: una
tecnologia
avanzatissima e invasiva, una legislazione fiscale a maglie larghe, una legislazione penale molto garantista riguardo ad alcuni reati ritenuti privi di pericolosità sociale (quelli per intenderci finanziari), e a maglie più strette per quanto riguarda la criminalità più spicciola ( percepita come dotata di maggiore pericolosità sociale).
Parliamo
del potere. Non si tratta della sovranità, elemento necessario, declinato al plurale : i poteri ( legislativo, esecutivo e giudiziario) che un approccio strutturale allo Stato democratico vuole autonomi e indipendenti l’uno dall’altro, bensì di un potere che sebbene goda originariamente di una legittima investitura popolare, abdica alla funzione di servizio e rifiuta l’assunzione di responsabilità, cade in un delirio di onnipotenza e non rappresenta più l’intera comunità ma agisce in funzione di alcuni interessi, molto più spesso i suoi.
Quando il
potere, questo
potere riesce ad insediarsi la democrazia rischia di subire mutamenti profondi. Tuttavia i neologismi che volessero spiegare nuove categorie intermedie quali democrature o, perché no ?, dittocrazie più che sintesi rappresenterebbero degli ossimori .
Il potere semplifica. Esempio : La legittimazione popolare rimane per sempre, giustifica tutto e sebbene vanti percentuali risicate, considerato anche l’alto livello di astensionismo, copre ogni scelta, ogni errore. In nome del popolo sovrano ( e ignaro) . La parte per il tutto.
La semplificazione è il metodo. Questa prima semplificazione
è già costata ai cittadini una certa quota di democrazia.
Se è vero che il popolo sovrano legittima il potere, gli avversari politici e tutti coloro che ostacolano il
potere sono nemici del
potere e del popolo. Non ne fanno più parte, non si sa da dove vengano. Sbagliano sempre. Vanno combattuti e delegittimati, chiunque siano, qualunque funzione esercitino.
Il potere non può sottostare ai giudizi, alle valutazioni, alla morale, alla legge. Il potere è al di sopra di tutto e di tutti. Non ammette arbitri e mediatori, non riconosce nulla al di sopra di sé, non rinuncia a un briciolo della sua sovranità, non tollera le organizzazioni sovranazionali , ridicolizza il loro ruolo nel dirimere le controversie .
Il potere soffre di disturbo narcisistico malvagio, ama le distopie ideologiche, o molto più spesso predatorie ma invidia le utopie pacifiste che non sa decifrare. Vuole tutto per sé, anche ciò che non gli appartiene e se non lo ottiene con le buone , se lo prende con la forza. Il potere dunque va alla guerra: invade, distrugge, massacra. Legittima il suo operato con valori di cui non comprende il senso, usa simbologie religiose, bestemmia facendosi scudo di Dio, qualche volta sogna di esserlo . E attribuisce a sé il monopolio della pace che esporta, impone, propone e ritira a suo piacimento umiliando il nemico che si è scelto.
Le guerre diceva Giovanni Paolo II “sono un’avventura senza ritorno” e secondo Papa Francesco rappresentano sempre una sconfitta. Ma ci sono guerre più sporche delle altre. Ad esempio quelle che si connotano come invasioni o occupazioni, e che non lasciano altre opzioni, a parte la resa, se non la resistenza. Quelle che non rispettano alcuna Convenzione e si accaniscono contro le popolazioni civili affamandole e massacrandole, quelle che si fondano sulle bugie , quelle prive di mandato degli Organismi sovranazionali.
Su tante guerre lo spettro delle armi di distruzione di massa. Armi chimiche ad esempio : il fosforo bianco, il napalm, le bombe incendiarie MK77. Ne parla uno dei più apprezzati giornalisti d’inchiesta, Sigfrido Ranucci, nel suo libro “la scelta”, a proposito della guerra in Iraq, la seconda, quella voluta da George Bush con la scusa di cercare armi chimiche, le stesse che invece l’ esercito americano usò non si sa quante volte, di sicuro il 18 Novembre 2004, come l’autore ha dimostrato nell’ inchiesta “il massacro di Falluja”. E ancora, lo spettro di crimini di guerra quali le deportazioni o gli stupri, aleggia nelle guerre attualmente più attenzionate, quella russo-ucraina e quella israelo-palestinese. Gaza è diventata secondo Report, la trasmissione televisiva condotta dallo stesso Ranucci, un laboratorio per testare nuove armi che saranno poi vendute in base alla loro capacità di distruzione.
Abbiamo gioito per il cessate il fuoco a Gaza, il 15 gennaio
scorso come gioiremo per l’annunciata tregua in Ucraina. Come non farlo pensando al sollievo di chi la guerra l’ha subita e non aspetta altro che la sua fine? Tuttavia un cessate il fuoco o una tregua, spesso violata, è solo una sospensione delle ostilità, una interruzione delle operazioni militari. In Palestina, ad esempio, i bambini continuano ad aver fame e ad ammalarsi. Spesso hanno bisogno di cure che sono bloccate . Le paci sono speculari alle guerre. Ma non è pace se non è giusta! Non è pace se si basa su un ricatto. Non è pace se lo stato oppressore si garantisce gli appalti della ricostruzione. La proposta del Presidente degli Stati uniti d’America su Gaza che ne garantisce una ricostruzione sottratta ai palestinesi e non per i palestinesi, anzi senza i palestinesi non è solo inaccettabile, è oscena. Talvolta anche la pace non è che uno squallido affare, un intervallo tra due guerre , incapace di conciliare, ricomporre conflitti e mediare posizioni. E’ una pace destinata a incrinarsi per poi rompersi del tutto. In un sistema incentrato sul paradigma dei consumi, persino la pace nasce con una data di scadenza e ha pezzi di ricambio introvabili. Una pace che non è destinata a durare. Una pace insomma, ad obsolescenza programmata.
Antonia Gabriella D’Uggento
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