Ricoprendo il ruolo di educatori, abbiamo organizzato un progetto in una periferia di Bologna indirizzandolo ai giovani ragazzi dei quartieri che, troppo spesso, si sentono emarginati. Abbiamo suddiviso il nostro lavoro in quattro fasi: esplorativa, progettuale, conclusiva e teorica. Di queste solo quella progettuale sarà visibile ai ragazzi, poiché tutte le altre servono agli educatori per capire come impostare il progetto tramite un’analisi dei luoghi e dei ragazzi seguendo, in questo caso, un approccio macrosociologico. In totale, l’attività occuperà circa tre ore pomeridiane e ospiterà quattro etnie (marocchini, italiani, rom/sinti e colombiani) per un totale di circa 20 ragazzi. L’obiettivo principale sarà l’instaurazione di un rapporto con e tra i ragazzi, ma non solo: la visione del film “La Haine” potrebbe inoltre suscitare curiosità nei ragazzi facendoli appassionare al cinema e facendoli riflettere sulla tematica da esso trattata. La prima mezz’ora del progetto sarà occupata da una breve presentazione degli educatori a cui seguirà quella dei ragazzi. In seguito, sarà brevemente esposta la trama e saranno scritte in fogli anonimi le aspettative sul film che verranno rilette a fine attività. Il film in questione è “La Haine” (1995) scritto e diretto da Mathieu Kassovitz ispirato dalla storia di Makome M’Bowole, un giovane ucciso dalla polizia. Abbiamo scelto questo film perché i ragazzi aderenti al progetto vivono realtà difficili, fatte di discriminazioni, disuguaglianze e pregiudizi. Questo film rispecchia la loro quotidianità, i loro stati d’animo, le loro paure e soprattutto la loro voglia di riscatto. Il film racconta una semplice (o quasi) giornata a Les Muguets, nelle banlieue parigine. Tre amici: Vinz, ebreo, Said, arabo e Hubert, nero, arrabbiati per il pestaggio del loro amico Abdel da parte della polizia passano 24 ore di vagabondaggio per Parigi. Dei tre, Vinz è l’impulsivo, Hubert il riflessivo e Said il mediatore. La storia prosegue alternando momenti difficili, momenti divertenti e momenti monotoni. Si arriva presto al finale, che si chiude ricollegandosi all’inizio. La voce fuori campo di Hubert racconta: “Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Man mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio, per farsi coraggio, si ripete: “Fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene”, il problema non è la caduta ma l’atterraggio.” Il film finisce con Vinz che consegna a Hubert una pistola rubata ad un poliziotto in modo che lui se ne sbarazzi. Vinz e Said si allontanano per tornare a casa quando vengono fermati da una pattuglia di polizia. Un poliziotto prende Vinz e puntandogli la pistola alla testa ride di lui mentre un altro tiene fermo l’amico Said. Sentendo gli amici, Hubert corre verso di loro per aiutarli, ma, appena arrivato, si accorge della situazione: il poliziotto ha sparato Vinz. Hubert, che è sempre stato razionale, tira fuori la pistola data poco prima da Vinz e la punta al poliziotto che fa lo stesso a lui. Il finale lascia l’amaro in bocca e permette diverse interpretazioni. L’ultima inquadratura sono gli occhi chiusi di Said che sembra non voler assistere alla scena. In sottofondo la voce di Hubert: “è la storia di una società che precipita e che mentre sta precipitando si ripete per farsi coraggio “fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene”, il problema non è la caduta, ma l’atterraggio”. È tutto scandito dal rumore di un orologio che verrà interrotto da uno sparo. Se a sparare fosse Huber, si inginocchierebbe al sistema alimentando l’odio che ha sempre ripudiato. Sarebbe la fine pessimista di un film già pessimista (o realista) di suo, in cui non c’è via di scampo da una società alimentata dall’odio. Se sparasse il poliziotto significherebbe invece avere servi e padroni, vittime e carnefici, ma Hubert morirebbe portando avanti le sue idee. Finito il film, i ragazzi avranno a disposizione un’ ora insieme ad un esperto che spiegherà alcuni retroscena del film, le citazioni, la scelta del bianco e nero. Sarà anche un momento di confronto tra i ragazzi, che potranno scambiare le proprie considerazioni riguardanti il film. Il film fu un successo di critica e di incassi, ma provocò grandi polemiche in Francia per il suo punto di vista sulla violenza urbana e sulla polizia. L’allora primo ministro Alain Juppé organizzò una proiezione speciale del film chiedendo ai membri del suo dipartimento di partecipare, ma gli agenti di polizia presenti voltarono le spalle alla proiezione in segno di protesta contro il ritratto della brutalità della polizia rappresentato dal film. Stessa cosa successe durante il Festival di Cannes 1995, dove i poliziotti presenti per garantire l’ordine sul red carpet, voltarono le spalle al cast.