//“Il barcone della speranza”. Contro la cultura dell’indifferenza

“Il barcone della speranza”. Contro la cultura dell’indifferenza

di | 2021-12-23T23:21:24+01:00 23-12-2021 23:21|Alboscuole|0 Commenti
Di Maria LANDI – Ultimamente circa diecimila persone sono emigrate in Bielorussia, ma sono state respinte; hanno provato a entrare in Polonia ma senza successo e si sono rifugiate in una foresta ai confini. Come se non bastasse, hanno messo dei recinti con del filo spinato per non farli entrare in Polonia. Per il freddo un bambino di appena un anno è morto e chissà quanti potrebbero ancora morire. Non solo oggi i migranti cercano rifugio in altri Stati: trenta anni fa avvenne con gli albanesi verso l’Italia.  Sulla migrazione degli albanesi è stato scritto un libro intitolato Il barcone della speranza (di Claudio Elliot, 2008): parla di un ragazzino albanese che aveva più o meno la nostra età, Erion, che riesce a sottrarsi al suo brutto destino da clandestino e trova una famiglia buona e accogliente. Ultimamente il nostro prof di italiano due o tre volte alla settimana ci legge un capitolo e poi ci chiede di fare un riassunto. Personalmente questo libro mi ha attirato molto: ogni volta le parole lette rapivano completamente la fantasia, facendomi immaginare tutte le pazze avventure di Erion. Qualche giorno fa Papa Francesco ha fatto un pellegrinaggio in Grecia e a Cipro per incontrare i migranti e ha detto queste parole: “Guardando voi, penso a tanti che sono dovuti tornare indietro perché li hanno respinti e sono finiti nei lager, veri lager, dove le donne sono vendute, gli uomini torturati, schiavizzati…  Questa è la storia di questa civiltà sviluppata, che noi chiamiamo Occidente. E poi, i fili spinati. I fili spinati si mettono per non lasciare entrare il rifugiato, quello che viene a chiedere libertà, pane, aiuto, fratellanza, gioia, che sta fuggendo dall’odio e si trova davanti a un odio che si chiama filo spinato. Scusatemi se ho detto le cose come sono, ma non possiamo tacere e guardare dall’altra parte, in questa cultura dell’indifferenza.” Auguro un futuro splendido e sereno a tutte quelle povere persone: che possano trovare lavoro e un’accogliente casa e vivere una vita dignitosa.