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“Aghi di pino”, vivere intensamente ogni attimo

di | 2019-07-13T18:53:51+02:00 14-7-2019 5:20|Cultura, Sezione 5|0 Commenti

NAPOLI – La vita è un dono misterioso: ognuno di noi viene al mondo con sofferenza piangendo, a malincuore si lascia il grembo materno accogliente per cominciare un viaggio di cui conosciamo l’origine ma non l’approdo.

Cosa succederebbe se dalla nascita conoscessimo la nostra data di dipartita dalla vita terrena? Come influenzerebbe le nostre scelte, la nostra visione della realtà? Ce ne dà un’idea Antonio Schiavo (a destra) nel romanzo “Aghi di Pino”, il cui protagonista Ettore Baldi, per uno strano caso del destino, sin dalla sua nascita e per tutta la sua vita, ha ben impresso i numeri che compongono una data precisa, quella che lui identifica con la sua morte.

Ad avvalorare questa sua tesi una leggenda greca che vede Zeus artefice di un anatema nei confronti del proprio figlio, frutto di un’avventura terrena con la bella Eos: vivere conoscendo la data della propria morte. Per placare l’ira di Era, Zeus tornato all’Olimpo, scatena questo anatema sul nascituro.

Sempre dai miti si racconta che ognuno di noi conosce il proprio destino, ma che per le sofferenze e il pianto alla nascita lo dimentichiamo.  Ettore ha un parto senza pianto e sofferenze e la sua data che gli segnerà la vita, è ben impressa nella sua mente. Il racconto si svolge all’inizio in un tempo cronologico simmetrico ed opposto fino a ricongiungersi nel tempo finale che coinciderà con l’avvicinamento al giorno fatidico.

Conoscere la data della fine inevitabilmente compromette il decorso della propria vita, le scelte ne sono condizionate, una vita spensierata, libera da rischi visto che il rischio più grande sarebbe perdere la vita. Tutto sotto controllo senza mistero per poi ripagare il tutto nella parte finale quando si avvicina l’ora del trapasso. Inutile sarebbe allora mettere in atto l’istinto di sopravvivenza: non servirebbe, ne sarebbe capovolta la stessa filosofia di vita che ci fa vivere come se ogni giorno potrebbe essere l’ultimo.

Ci tocca invece, convivere con l’incertezza del domani e di quello che ne verrà, ma proprio qui è il fascino del vivere: doversi reinventare con rinnovata energia e stimoli ogni giorno. In realtà sin da piccoli non siamo educati alla morte, la temiamo e per esorcizzarla viviamo come fossimo eterni e avessimo tempo per fare cose che amiamo rimandare, a viver di cose non dette soprattutto nella sfera emotiva, sentimentale.

Lo stesso Ettore, il protagonista del romanzo, a parte una spensieratezza nell’età giovanile alla fine vive come tutti gli altri, anche lui tralasciando azioni, parole non dette, sentimenti. Ma poi il senso della vita anche per lui passa attraverso il dolore di una possibile perdita, nel suo caso il coma della sua piccola. Ed è proprio il dolore, la sofferenza per contrappasso che risaltano la gioia, il benessere come la possibilità di morire che esalta la vita.

La consapevolezza ed il senso della vita assumono peso e valore proprio nell’età matura quando quel che resta da vivere si assottiglia rispetto al vissuto.  Un vissuto disseminato dai sottili aghi di pino che, pungendo, ci risvegliano alla vita per invitarci a viverla intensamente.

Angela Ristaldo

Nella foto di copertina, il libro “Aghi di Pino” di Antonio Schiavo, Guida editori

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