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20 luglio 1969, lunga attesa davanti alla tv

di | 2019-07-21T06:28:02+02:00 21-7-2019 6:10|Attualità, Sezione 3|0 Commenti

PALERMO – “Allunarono, Mariù?”. “Non ancora, nonno. Mancano circa due ore, dice Tito Stagno”.  Domenica 20 luglio 1969 nonno Salvatore e io, insieme a tantissimi italiani, eravamo incollati davanti alla TV, il grande apparecchio in bianco e nero piazzato in soggiorno, per seguire col fiato sospeso un evento eccezionale: il primo viaggio dell’uomo sulla Luna. Dopo le varie missioni Apollo degli anni precedenti, finalmente la navicella Apollo 11 – con i tre astronauti statunitensi Neil Armstrong, Michael Collins, Buzz Aldrin – partita il 16 luglio da Cape Canaveral, stava per compiere la sua storica missione: l’atterraggio sulla luna.

L’equipaggio dell’Apollo 11

Ormai non si contavano più le ore della diretta TV; il nonno e io ci chiedevamo quando Tito Stagno mangiasse o andasse in bagno… Finalmente, alle 22 e 17 circa, ora italiana, il giornalista fa l’annuncio epocale: “Ha toccato! Ha toccato il suolo lunare!”, seguito però dalla secca smentita di Ruggero Orlando, mitico corrispondente Rai dagli USA  (“Qui Nuova York, vi parla Ruggero Orlando…)  che allora stava seguendo l’allunaggio da Houston. Ci fu un battibecco in diretta tra i due sul momento esatto dell’allunaggio della navicella. La comparazione successiva di dati ci dirà che entrambi commisero un lievissimo errore: Stagno annunciò l’allunaggio con 56 secondi di anticipo e  Orlando con circa 10 secondi di ritardo.

Tito Stagno

Ma il nonno e io, e gli italiani con noi, sorridemmo della lieve discrepanza tra l’orologio del TG1 e quello di Houston. Esultammo in piedi per l’allunaggio del LEM, il mitico modulo della navicella spaziale che aveva portato sulla Luna Armstrong e Aldrin, mentre Collins aspettava paziente su Columbia, la navicella di comando. Sulla Terra intanto almeno 600 milioni di spettatori erano in attesa del secondo grande momento: la discesa materiale del primo uomo nel luogo prescelto della superficie lunare: il Mare della Tranquillità. Passavano le ore, ma Neil Armstrong, capitano della missione, designato a solcare per primo il suolo lunare, tardava a uscire dal LEM. Confesso, con somma vergogna, che “bucai” la visione del primo passo di Armstrong sulla luna: non vidi in diretta, in quella fatidica alba del 21 luglio (4 e 46 circa ora italiana) il piede sinistro di Armstrong poggiarsi sul suolo lunare… Né il nonno né papà o mamma ebbero cuore di svegliare la bambina che dormiva sul divano.

Ma, come contrappasso alla diretta mancata, che comunque la TV mandò in differita centinaia di volte, mi documentai per benino su quello che avveniva lassù: il modulo di comando fu chiamato Columbia, da Columbiad, il gigantesco cannone che, nel romanzo di Jules Verne “Dalla Terra alla Luna”,  catapultava la navicella verso la Luna; il LEM fu invece chiamato Eagle (Aquila), come l’uccello simbolo degli Stati Uniti, rappresentato anche sull’emblema della missione: un’aquila con un ramoscello d’ulivo negli artigli, simbolo di pace. I passi di Armstrong sembravano dei saltelli perché la gravità lunare è circa un sesto di quella terrestre. Insieme ad Aldrin, che affiancò Armstrong nell’esplorazione lunare, i due astronauti raccolsero circa ventidue chili di materiale lunare, in prevalenza rocce come breccia e basalto; furono poi scoperti tre nuovi minerali, tranquillityite, pyroxferroite e armalcolite: quest’ultimo nome fu dato al materiale unendo le iniziali di Armstrong, Aldrin e Collins. Prima di rientrare nel LEM,  Aldrin e Armstrong piantarono sul suolo lunare la bandiera degli Stati Uniti d’America e lasciarono una targhetta su cui erano incisi due disegni della Terra (gli emisferi occidentale e orientale), un’iscrizione (“Qui uomini dal pianeta Terra fecero il primo passo sulla Luna, Luglio 1969 d.C. Siamo venuti in pace per tutta l’umanità”),  le firme degli astronauti e di Richard Nixon, l’allora presidente degli USA che si congratulò con Armstrong e Aldrin con una storica telefonata in diretta Terra-Luna.

Dopo circa 22 ore dall’allunaggio, i due astronauti tornarono nel modulo di comando e Collins pilotò la navicella spaziale nella traiettoria di ritorno sulla Terra. La missione terminò il 24 luglio, con l’ammaraggio nell’Oceano Pacifico, tra l’entusiasmo generale.

Apollo 11 concluse la corsa allo spazio intrapresa dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica nello scenario della guerra fredda, realizzando il sogno suggestivo che, nel 1960 e nel 1961, l’allora presidente degli Stati Uniti John Kennedy aveva indicato in due discorsi, alla Convenzione democratica di Los Angeles prima e davanti al Congresso degli Stati Uniti poi: “Siamo sul bordo di una Nuova Frontiera, la frontiera delle speranze incompiute e dei sogni. Al di là di questa frontiera ci sono le zone inesplorate della scienza e dello spazio”. “Prima che finisca questo decennio, abbiamo l’obiettivo di far atterrare un uomo sulla Luna e farlo tornare sano e salvo sulla Terra”. Kennedy, assassinato il 22 novembre 1963, non riuscì a vedere il suo sogno. Ma regalò a me, al nonno Salvatore e al mondo intero un’emozione indescrivibile: essere stati spettatori del compimento – per dirlo con  stesse parole di Neil Armstrong – di “un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l’umanità”.

Maria D’Asaro

 

Già docente e psicopedagogista, dal 2020 giornalista pubblicista. Cura il blog: Mari da solcare
https://maridasolcare.blogspot.com. Ha scritto il libro ‘Una sedia nell’aldilà’ (Diogene Multimedia, Bologna, 2023)

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